venerdì 9 aprile 2010

Presentazione di Riforma della Scuola - Dalla storica rivista alla rete

La presentazione
RIFORMA DELLA SCUOLA:
TRA SCOMMESSA, PROGETTO, PRESENZA


20 febbraio 2010

La gloriosa rivista Riforma della scuola intende riprendere il mare dopo vent’anni dalla sua “provvisoria” chiusura.
Una rivista che ritorna - se vuole essere erede e continuatrice di quello che è stato l’organo più autorevole dei movimenti di rinnovamento della Scuola, fra politica e cultura, non può eludere la domanda principale che può esserle rivolta. Una domanda che proviene dal nome stesso della sua testata.
Ha ancora senso proporre una Riforma del sistema formativo pubblico?
Più cose indicherebbero la fondatezza di questo nevralgico interrogativo. Proprio perché altre “centralità” sociali e culturali stanno progressivamente indebolendo funzioni e status della Scuola: parliamo dei colossi del Mercato e del Mediatico.
Se l’ampio orizzonte internazionale è tutt’altro che immobile - basti pensare al Nobel per la pace di Barack Obama - tuttavia la risorsa/cultura, in Italia ed in Europa, appare sempre più silente e a disposizione di pochi. Sembra accompagnare con disagio, senza contrastarlo, il declino del vecchio Continente al cospetto di tigri industriali dalle dimensioni mastodontiche, di crisi drammatiche generate dalla new/economy (selvaggia e spietata), dalla nascita di povertà migranti, di fragili culture costrette allo spostamento geografico ed esistenziale.
I soggetti sociali a cui ancorare un Progetto di cambiamento epocale appaiono appannati e costretti sempre più alla difensiva.
A cominciare dalle classi lavoratrici.

Nel nostro Paese, i soggetti politici che furono promotori ed editori di Riforma della Scuola hanno vissuto radicali cambiamenti: necessari ma anche difficili e disorientanti.
La politica delle forze di progresso non sempre - oggi - sembra in grado di assicurare quei livelli di approfondimento, studio e continuità progettuale improcrastinabili per dare risposta ai crescenti compiti della Scuola: la principale fabbrica di futuro per le giovani generazioni.
Pur tuttavia, gli studenti, gli insegnanti, le famiglie, gli enti locali, i sindacati, l’associazionismo sono ancora in campo: con impegno, passioni e speranze. Non tutto è sbiadito e confuso, quindi, in tempi di crisi dell’agire collettivo. Anche se ogni dimensione di investimento per se stessi, per i propri figli, per la propria professionalità, per il proprio domani sembra restringersi al campo di ciò che immediatamente si percepisce. A quello che si sta facendo. E non al come potrebbe farsi per il bene futuro di sé e degli altri.

Oggi sembrano più forti gli altri.
La Scuola è costretta a vivere tra molti nemici, spesso seminascosti nel buio: killer della formazione dell’infanzia e dell’adolescenza. Tra questi, il Governo Berlusconi, con i Ministri Tremonti, Brunetta e Gelmini: determinati a mettere in ginocchio l’equazione democratica cara alla Scuola del nostro Paese: il diritto di tutti allo studio (non-uno-di-meno) e l’elevata qualità dell’istruzione (la formazione di Persone dalla testa-ben-fatta).
La Scuola è un grande/media: interattivo, relativamente libero, potenzialmente alternativo al pensiero unico veicolato dai mezzi di comunicazione di massa.
Le vestali della classe media forse ritorneranno, ma per il momento il nostro sistema di istruzione pur ferito e indebolito dalle dissennate politiche della Destra al Governo, resta l’unico gigante ancora vivo, testimone di Persone che pensano con la propria testa e sognano con il proprio cuore.
Per questo, in un’epoca di libertà ristrette - o negate - e dal cuore- solidale).
Sic stantibus rebus è innegabile che la scelta di una nuova Riforma della scuola abbia innanzitutto la volontà di porsi come un Progetto di contrasto e di proposta: attraverso una Presenza capace di avere molto da dire e capace, soprattutto, di dare/voce a tutti coloro che fanno girotondo per la difesa della Scuola pubblica e democratica.

E’ una Scommessa. Come per Pascal, anche per noi la Scommessa è l’atto di credere: fonda la “cosa” e ne definisce l’impegno e la direzione.
Per il grande pensatore è addirittura l’esistenza di Dio. Per noi, con assoluto senso dei nostri limiti, è la possibilità di dare-una-mano, di fornire-un-contributo per unire pensieri, professioni e movimenti: per rendere visibili le ragioni di un’altra/via. Una Scuola di liberi e di eguali abitanti nel generoso regno delle possibilità: delle tante vie per conquistare il diritto all’istruzione.
Forse non mancano le basi oggettive per portare avanti la Scommessa. L’Italia ha bisogno della Scuola, che va pertanto difesa e ammodernata in quantità, ma anche in qualità.
La Scuola non è una spesa purchessia del bilancio statale, perché è una delle colonne che sostengono della nostra Repubblica.
La Scuola è un bene in sé perché avvicina le giovani generazioni alla cultura e alla bellezza, libera l’intelligenza, forma i cittadini, prepara a un lavoro migliore, garantisce coesione e solidarismo sociale.
La storia culturale e sociale dell’Italia - di cui il patrimonio di Riforma della scuola è un pezzo significativo - è sicuramente più ricca dell’ odierno livello, davvero basso, della nostra rappresentanza politica.
Non gettare l’eredità luminosa del nostro Paese vuol dire anche leggere il presente per rintracciare e per valorizzare il tanto-di-meglio che è ancora in campo nelle contrade della penisola.
La società è di fronte a grandi sfide. Non siamo in tempi di bonaccia statica. La “resa” di oggi, il laboratorio del peggio (quello che sembra essere l’Italia odierna) potrebbe risvegliarsi e rovesciarsi in tempi brevi. Essere un grano di lievito è sicuramente più generativo che il rassegnarsi al ruolo predicatorio e inascoltato del corvo, come ammoniva Pasolini. Così come è molto peggio seguire il cammino degli altri, con timidi distinguo sui particolari mantenendo la subalternità sul corpo delle questioni.
Noi siamo -sempre- dalla parte della Scuola
Non c’è mai stato tanto bisogno di Scuola, consapevoli peraltro che questa necessita di innovazioni e ammodernamenti. Una buona/Scuola è quella che sa coniugare l’eccellenza (un’elevata qualità dell’istruzione) con l’equità (traguardi di conoscenza omogenei per tutti). Smentendo il luogo comune che l’una e l’altra sono obiettivi politico/sociali inconciliabili tra loro e alternativi.

Compito della Scuola del terzo millennio è di contribuire a porre l’infanzia e l’adolescenza nelle condizioni esistenziali e culturali di evitare la loro scomparsa nel mare della mancanza di spirito critico e nella riproduzione delle disuguaglianze presenti nelle comunità territoriali.
Purtroppo, è corrente una diversa vulgata formativa: pervasiva, saccente, ipertrofica nei confronti delle giovani generazioni, alle quali si chiede rigore intellettuale e impegno sociale senza nulla volere sapere del loro universo, senza nulla dare in contropartita.
Tanto da annullare le loro identità e le loro differenze. Troppo spesso la Scuola appare disattenta nei confronti delle “pluralità” dei volti infantili e giovanili, impossibilitati a costruire passo dopo passo le sfere costitutive della loro vita personale: affettiva, sociale, cognitiva, estetica, etica, religiosa.
Altrove questa Scuola è stata imputata di indiscrezione tolemaica: tuttologa e asso pigliatutto. Seguendo la metafora astronomica, noi pensiamo che sia necessario che la Scuola del ventunesimo secolo sia copernicana.
Una Scuola che sceglie senza incertezze un versante/altro dalla cultura massmediatica e dai saperi/verità: non più tolemaica (a-scientifica), ma nel nome di un’umanità plurale, una cultura - quindi, una formazione - della discrezione: leggera, congetturale, rispettosa del processo di crescita dei giovani, impegnata sui processi più che sui prodotti dell’azione educativa.
In questo cielo educativo appare ben visibile una “galassia” popolata di bambini e di adolescenti della Ragione: equipaggiati sì di fantasia-sentimento-lievità esistenziale, ma corredati anche di corporeità-logica-cultura antropologica. È una galassia che allude ad una nuova generazione: dotata di interesse verso la partecipazione sociale, voglia di conoscere e di trasformare il proprio mondo di cose e di valori.

Volendo compendiare in una frase i riferimenti teorici con gli obiettivi di una nuova politica scolastica, possiamo dire che il punto di arrivo è quello di realizzare una formazione che contribuisca a dare le fondamenta ad una società traboccante di Persone di qualità, secondo la bella definizione che ci ha dato Umberto Cerroni.
Ecco allora balzare in primo piano questo ineludibile obiettivo, sociale e culturale. Offrire a tutti i cittadini pari opportunità formative (il diritto di tutti allo studio a prescindere dall’età, dal sesso, dalla classe sociale, dalla zona di residenza) lungo l’intero percorso scolastico e oltre: la formazione permanente.
Questi, i suoi due incancellabili segni di riconoscimento.
Un percorso dell’obbligo e del postobbligo pubblico: dotato di risorse statali certe e di contributi municipali e privati sottoposti alla supervisione della collettività sociale. Il tutto nel rispetto delle finalità formative di una scuola democratica,
Un percorso dell’obbligo e del postobbligo gratuito: quanto a iscrizione, servizi sociali, mensa, minibus, libri di testo e materiali didattici.

La casa di una buona/Scuola deve disporre di più piani: la prima-scuola, l’istruzione di base, la formazione superiore.
Li tratteggiamo brevemente, delineando il manifesto delle finalità formative della Scuola, le linee di qualità del suo ammodernamento istituzionale e organizzativo, le necessarie tappe di riforma parlamentare e di sperimentazione innovativa che speriamo tornino a colorare di sereno il cielo del nostro sistema di istruzione dopo il diluvio della Destra: targato Mariastella Gelmini.
Questo, il duplice piano di una buona/Scuola.
Una prima-scuola dove le comunità locali abbiano un ruolo fondamentale (sulla scia di una marcata Autonomia regionale) per definire l’offerta educativa da destinare alla prima e alla seconda infanzia.
Asili-nido e Scuole dell’infanzia pubblici e ad arcipelago: attorno a loro una rete di centri per le bambine e i bambini, di centri-famiglia, di centri giornalieri per l’infanzia e altri ancora.
Un’istruzione di base che abbracci l’intero ciclo 6-16 anni. Un maxipercorso dell’obbligo - dieci anni - cuore pulsante del sistema formativo. Una Scuola che sia l’architrave di sostegno di una alfabetizzazione di primo e di secondo grado che miri ad una elevata qualità delle conoscenze e al diritto di tutti allo studio. Un lungo ciclo unitario dell’obbligo e del diritto alla frequenza scolastica che possa perseguire traguardi formativi oggi irraggiungibili da un sistema di istruzione suddiviso in comparti separati (Scuola primaria e Scuola secondaria di primo grado): derubato dell’identità dell’obbligo e privo di un successivo biennio integrato 14-16 anni conclusivo dell’istruzione di base.
Un lungo/ciclo - dunque - che possa essere la sede, in quanto unitario e non discriminante sul piano sociale, della massima personalizzazione dell’apprendimento, della valorizzazione delle qualità e dei talenti, del recupero degli svantaggi sociali e culturali.

La scuola superiore, da sempre senza riforma, rappresenta uno dei maggiori fallimenti della Repubblica democratica. Decenni di attesa e nodi irrisolti, in particolare le resistenze ad innalzare l’obbligo e le competenze di tutta la popolazione scolastica, hanno determinato un ritardo ed una arretratezza che è diventata tipica nel quadro europeo.
Tuttavia i diversi cicli di sperimentazione, dalle prime esperienze ormai storiche, alla stagione delle innovazioni guidate, fino alle più recenti predisposte dalle scuole, con le possibilità date dall’autonomia, avevano determinato una realtà materiale spesso assai diversa dagli arretrati quadri legislativi e avevano delineato una prospettiva incentrata su un primo biennio della scuola secondaria superiore come unitario e conclusivo dell’obbligo di istruzione e sui diciotto anni come tappa conclusiva del diritto/dovere alla formazione nell’età evolutiva.
Il biennio della scuola secondaria superiore è infatti lo snodo essenziale per lo sviluppo e il consolidamento di conoscenze e competenze fondamentali.. Prima il precocismo degli anni Moratti, tendente a tornare indietro verso scelte divaricanti, ipotecate dal censo e dall’ambiente socio-culturale di provenienza, poi, oggi, la drastica riduzione di orari e di opportunità decisa da Gelmini, con l’azzeramento di tutti i risultati dei cambiamenti determinati dalle scuole, hanno prospettato una secondaria che rifiuta’ modernità ed inclusione e si riduce ad un troncone di saperi preuniversitari, impoveriti, da un lato, e a moduli, probabilmente datati e squalificati, di avviamento al lavoro.
Considerare il biennio di scuola superiore come conclusivo dell’obbligo di istruzione al fine di non interrompere l'esperienza scolastica in una età in cui il consolidamento culturale non si è ancora pienamente realizzato e’ invece determinante, ai fini dell’apprendimento successivo e dell’apprendimento per tutto il corso della vita.
Ed è in quest’ottica che va sottolineata la necessità di un forte impegno su percorsi di orientamento e continuità tra le medie e la secondaria superiore, è indispensabile per combattere la dispersione dei primi anni di scuola superiore.

Dopo l’obbligo, a 16 anni, percorsi integrati tra istruzione e formazione professionale ed anche vere e proprie alternanze scuola-lavoro, potranno corrispondere meglio alle esigenze formative dei giovani.
Non scommettere su percorsi lunghi e moderni, disinvestire, differenziare precocemente i percorsi formativi non risolve il problema dei ragazzi in difficoltà mentre e abbassa la qualità di tutto il sistema formativo, ricollocando l’Italia in coda fra i Paesi europei a partire dalla durata del percorso obbligatorio di istruzione.


Compito della Scuola del terzo millennio è apprezzare l’Ambiente di vita degli studenti come la “scorciatoia” più sicura per ridurre la sua cronica distanza dai loro bisogni/interessi e dalla cultura antropologica dei loro contesti di appartenenza. Soltanto entrando/dentro (e non ponendosi di fronte: in una posizione falsamente illuministica) alla fitta trama dei problemi socioculturali del proprio ambiente di vita è possibile corredare il curricolo di conoscenze dirette, problematiche, plurali, mobili. Questo obiettivo è perseguibile ad una condizione: che gli ambienti urbani e naturalistici possano disporre di una qualitativa rete di risorse formative. Parliamo di una diversificata rete vuoi di risorse in città, che chiamiamo Teche (biblioteche, pinacoteche, museoteche, mediateche, cartoteche, ludoteche et al.), vuoi di opportunità del mondo della natura, che chiamiamo Parchi (beni paesaggistici, ecosistemi, Parchi, Fattorie didattiche, Agriturismi et al).
Siamo al cospetto di un sistema formativo integrato. Un progetto formativo a base territoriale che chiede di pedalare insieme - sullo stesso tandem - la Scuola e le offerte educative dell’Ambiente sociale e naturale.
In questi anni/ponte tra due millenni, l’Unione Europea ha rullato con insistenza i tam tam della Formazione. I richiami dei suoi tamburi hanno diffusamente dato sonorità ad una (nuova) identità dei percorsi della conoscenza: dal raggio longitudinale (il lifelong learning: la Formazione per tutto l’arco della vita) e dal raggio trasversale (la Formazione in rete - scolastica e universitaria - tra i paesi del vecchio Continente). Dunque, la Formazione quale bene da non disperdere o inaridire: in quanto prezioso capitale/umano.
Sulla scia di questa argomentazione, l’UE ha posto questo invito improcrastinabile al sistema formativo continentale. La Scuola e l’Università vanno sollecitamente messe nelle condizioni di garantire a tutti gli allievi il diritto di accesso e di successo lungo i loro percorsi culturali e scientifici. L’appello del vecchio Continente è il frutto della consapevolezza che la Formazione delle giovani generazioni costituisce sia una risorsa economica e sociale, sia una risorsa culturale e umana che nessun Paese - oggi - può permettersi di inaridire.
Per rispondere adeguatamente all’invito/UE, l’Università italiana - in compagnia di molti Paesi del vecchio Continente - ha profondamente cambiato il proprio senescente “guardaroba” formativo e didattico. Le ragioni di questa mutazione genetica dell’architettura accademica sono fondamentalmente tre: sociale, culturale e didattica.
La ragione sociale. - La Tesi: le capacità competitive di un Paese e del suo sistema produttivo dipendono anche dall’investimento e dallo stock di conoscenze di cui dispone il suo capitale umano.
Di qui l’importanza strategica del sistema universitario che - superando la tradizionale rigidità dei suoi modelli ordinamentali - è chiamato a garantire un’articolazione efficace della sua proposta culturale, scientifica e professionale.
La ragione culturale. - La Tesi: l’armonizzazione a livello europeo dei sistemi di istruzione universitaria. Possibile, tramite la libera circolazione e spendita dei titoli di laurea conseguiti nelle singole nazioni europee.

La ragione didattica. - La Tesi: la riduzione della dispersione nei percorsi di laurea. La ”malattia” che insidia l’attuale università di massa è per l’appunto la dispersione: sia nella forma dell’abbandono degli studi, sia nella forma del fuori/corso. Come dire, troppi studenti si perdono nel bosco accademico: sconfitti in un ring che li costringe inesorabilmente a gettare la spugna o a prolungare per più anni il match dell’istruzione superiore nel solitario sentiero del “fuori-corso” (lastricato di esami, e basta).

Un ultimo flash. Come sarà editorialmente Riforma della scuola?
Sarà in elettronico. Con rubriche, notizie e riflessioni. E sarà su cartaceo, con un taglio di riflessione teorica e di ricerca maggiormente accentuato rispetto alle annate della Rivista.
Sarà in prima istanza online, dunque,con i suoi editoriali e le sue ricerche, con una nutrita serie di servizi e di blog informativi.
In questo modo, sarà presente e incisiva nelle battaglie ideali, culturali e istituzionali proprie di una Scuola democratica e, insieme, ricca di attualità, di progettualità formativa e di proposte sperimentali utili a qualificare la Scuola militante di casa nostra.
Molti lavori in corso, dunque. Buona lettura e soprattutto: buona scrittura.
Contiamo molto sulla Scuola della periferia: in carne e ossa.
Sarà la nostra redazione allargata, non solo il nostro pubblico di lettori.
Un Progetto ambizioso, ancorchè difficile da portare in porto.
Sicuramente una suggestiva avventura formativa, se condotta dandoci la mano.


Davide Ferrari
Franco Frabboni

1 commento:

  1. Plaudo con gioia, entusiasmo e una certa commozione al "ritorno" della "RIFORMA della SCUOLA" di Lucio Lombardo Radice, rivista che ha avuto un notevole pesa sulla mia formazione di insegnante appassionato della scuola. Le battaglie da condurre sono tante e di enorme importanza: aver ritravato la "RIFORMA della SCUOLA" con la sua storia e il suo presentefa sentire più forti.
    Vincenzo Viola - coordinatore de "L'INDICE della SCUOLA". vinci.viola@gmail.com

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